Un gruppo di ricercatori giapponesi sostiene che mangiare funghi possa ridurre il rischio di sviluppare il cancro alla prostata, patologia molto diffusa tra gli uomini di tutto il mondo, specie dopo i 50 anni d’età. Sebbene il trattamento di questo tipo di cancro sia nel corso degli anni migliorato, un modo per prevenirlo ed evitarlo sembra essere proprio una dieta sana. Il consumo di funghi, secondo il nuovo studio che appare sulla rivista scientifica International Journal of Cancer, potrebbe realmente contribuire alla prevenzione del cancro alla prostata.
Perché fare una ricerca su funghi e cancro alla prostata?
L’interessante notizia alletterà tutti gli appassionati di funghi che si stanno apprestando, con l’arrivo della stagione autunnale, ad organizzare la raccolta di questi preziosi regali della terra. Ma perché i funghi attirano tanto la curiosità degli scienziati? Innanzitutto essi rappresentano un alimento relativamente poco costoso e ampiamente consumato in tutto il mondo: non esiste cucina che non includa gustosi piatti a base di funghi. La longevità del popolo nipponico poi è leggendaria: cosa mai mangeranno i nonnini giapponesi per vivere così a lungo?
Facciamo prima un passo indietro. Già una revisione di studi del 2012 affermava che alcuni composti dei funghi avessero proprietà antitumorali, antinfiammatorie e antidiabetiche. In quell’occasione furono analizzati studi su cellule coltivate in vitro e su modelli animali in vivo che dimostrarono come gli estratti di alcune specie di funghi riuscissero a rallentare la crescita tumorale.
Secondo gli autori del nuovo studio esiste tuttavia una sola ricerca del 2015 che avrebbe dimostrato l’effetto dei funghi sul cancro alla prostata nell’essere umano. Nello specifico, lo studio precedente testò il consumo di funghi champignon, Agaricus bisporus, in polvere in uomini con carcinoma prostatico ricorrente. In alcuni dei partecipanti, l’estratto di champignon ridusse i livelli di antigene prostatico specifico (PSA) – il biomarcatore principale per il cancro alla prostata – e aumentò la risposta immunitaria del corpo al cancro.
È con queste premesse dunque che gli scienziati giapponesi hanno deciso di realizzare il primo studio per esaminare il legame tra consumo di funghi e incidenza di cancro alla prostata all’interno di una popolazione.
Lo studio
Per la loro indagine i ricercatori hanno acquisito i dati del Miyagi Cohort Study del 1990 e dell’Ohsaki Cohort Study del 1994. In totale, gli scienziati hanno avuto accesso ai dati di 36.499 uomini giapponesi di età compresa tra 40 e 79 anni i quali sono stati seguiti in media per 13,2 anni. Attraverso dei questionari i volontari hanno in particolare fornito informazioni su dieta, anamnesi, livelli di attività fisica, fumo, abitudini, livello di istruzione ed altro ancora. In base alla quantità di funghi mangiati ciascun partecipante è stato incluso in uno dei cinque gruppi:
- quasi mai: il 6,9% dei partecipanti
- una o due volte al mese: 36,8%
- una o due volte a settimana: 36,0%
- tre o quattro volte a settimana: 15,7%
- quasi ogni giorno: 4,6%
Durante il periodo di follow-up, sono stati registrati 1.204 casi di cancro alla prostata, pari al 3,3% dei partecipanti.
I funghi riducono il rischio di cancro alla prostata del 17%
Dopo aver controllato le variabili confondenti, i ricercatori hanno osservato un effetto benefico significativo dovuto all’assunzione di funghi: rispetto a quelli che mangiavano funghi meno di una volta alla settimana, quelli che mangiavano funghi una o due volte a settimana presentavano un rischio relativo inferiore dell’8% di sviluppare un cancro alla prostata.
Coloro che mangiavano funghi tre o più volte alla settimana avevano un rischio relativo inferiore del 17%. Questa relazione era significativa anche dopo aver escluso tutta una serie di fattori predisponenti, tra cui la familiarità per il cancro e il consumo di alcol, tabacco o caffè. È anche importante sottolineare che i ricercatori hanno adeguato le loro analisi in relazione alla quantità di energia, carne, frutta, verdura e latticini consumati da ciascun partecipante.
In altre parole, la riduzione del rischio di cancro alla prostata non poteva dipendere, ad esempio, dal fatto che chi mangiava più funghi, mangiava anche di più verdure.
Limiti dello studio
L’indagine su consumo di fughi ed incidenza del cancro alla prostata è stata dunque davvero scrupolosa, sebbene pur sempre basata su dati forniti dai volontari stessi e per questo non scevra da possibili errori. Altro limite: il team ha registrato le informazioni dietetiche solo una volta, all’inizio dello studio. In un decennio, la dieta di una persona può cambiare anche radicalmente. Vale inoltre la pena notare che l’aumento del rischio di cancro alla prostata tra coloro che mangiavano il minor numero di funghi e quelli che ne mangiavano di più è solo dello 0,31% (3,42% rispetto al 3,11%, rispettivamente).
L’effetto anti-cancro dei funghi è stato significativo solo negli uomini di età superiore ai 50 anni. Gli autori ritengono che però ciò potrebbe dipendere dal fatto che il cancro alla prostata è molto più raro negli uomini più giovani. Inoltre, come osserva l’autore principale Shu Zhang, “Poiché non sono state raccolte informazioni sulle specie di funghi, è difficile sapere quali funghi specifici abbiano contribuito alle nostre scoperte“. “Rimane inoltre incerto – conclude lo studioso – il meccanismo per cui i funghi sarebbero protettivi contro il cancro alla prostata“. Si ipotizza che le proprietà anti-cancro dei funghi possano in parte dipendere da alcune molecole antiossidanti, come L-ergotioneina e glutatione.
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