La possibilità di diagnosi dello scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca potrà avvalersi da oggi di un nuovo marcatore del sangue scoperto dai ricercatori dell’Università Statale di Milano e del Centro Cardiologico Monzino. La “spia” che qualcosa non va per la salute del nostro cuore si chiama proteina del surfattante polmonare B o SP-B ed è rilasciata dai polmoni delle persone con scompenso cardiaco. I dettagli della scoperta dei ricercatori italiani li troviamo pubblicati sulla rivista International Journal of Cardiology.
Scompenso cardiaco: necessità di nuovi strumenti di diagnosi
Lo scompenso cardiaco in Italia colpisce fino all’1,7% della popolazione (circa 1 milione di persone, con 20.000 nuovi casi ogni anno). La patologia è normalmente diagnosticata attraverso test funzionali, come il test da sforzo, che non sempre possono essere proposti a pazienti anziani e/o gravemente compromessi. Da qui la necessità di trovare nuove vie, più rapide ed efficaci, di diagnosi.
Nelle persone affette da scompenso cardiaco, il cuore è incapace di assolvere correttamente la propria funzione di pompa. Pertanto vi sarà un apporto insufficiente di sangue agli organi che si traduce in una molteplicità di sintomi, spesso sfumati ed evidenti solo in fase avanzata: dispnea (mancanza di fiato) da sforzo e talora anche a riposo, edema degli arti inferiori, astenia, difficoltà respiratorie in posizione supina, tosse, addome gonfio o dolente, perdita di appetito, confusione, deterioramento della memoria.
La SP-B è da anni nel mirino dei ricercatori, ma questa è la prima volta che viene dimostrato che la molecola, assente nei soggetti sani, è presente nei pazienti con insufficienza cardiaca e danno ai polmoni.
SP-B rende il colesterolo “buono” nocivo
Cristina Banfi, una delle autrici dello studio, spiega che “in particolare, abbiamo riscontrato che maggiore è il valore di SP-B nel sangue, peggiore è la prognosi dello scompenso”. Ma c’è di più: questa proteina tende a legarsi al colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo “buono“) rendendolo disfunzionale e quindi nocivo per la salute stessa del cuore.
Quindi il colesterolo “buono” può persino essere dannoso, come sostenuto da alcuni studi precedenti? A quanto pare si, in determinate condizioni. La dott.ssa Banfi rivela: «le lipoproteine antiaterogene, cioè protettive, che costituiscono il colesterolo HDL, legandosi a SP-B per via della loro composizione affine, subiscono modificazioni a carico della loro struttura che ne riducono le proprietà antiossidanti e dunque protettive. Trasformandosi diventano quindi molecole nocive (aterogene) e contribuiscono così alla progressione della patologia cardiaca».
Il coordinatore dello studio Piergiuseppe Agostoni, professore ordinario di cardiologia all’Università di Milano e coordinatore dell’area di Cardiologia Critica del Centro Cardiologico Monzino, afferma: «Si è così scardinato un dogma centrale dell’aterosclerosi che vedeva nel colesterolo HDL un fattore protettivo, mettendo in evidenza come anch’esso possa andare incontro a cambiamenti deleteri».
SP-B la “spia” dello scompenso cardiaco
Il Centro Cardiologico Monzino per poter individuare la SP-B quale “spia” dello scompenso cardiaco ha studiato negli anni l’andamento di questa proteina in diversi contesti, sia fisiologici, in cui la carenza di ossigeno simula lo scompenso cardiaco (sommozzatori, alpinisti in alta quota) che patologici (portatori di bypass, persone con aneurisma dell’aorta addominale o altre patologie cardiovascolari).
Forti di queste straordinarie scoperte, i ricercatori sono già al lavoro con l’intento di sviluppare nuove tecnologie che permettano di misurare i livelli di proteina del surfattante polmonare di tipo B in maniera più precisa al fine di sviluppare un saggio diagnostico.
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