L’Angelica keiskei o Ashitaba, come comunemente viene denominata in Giappone, dove è diffusa ed impiegata ampiamente nella medicina tradizionale, potrebbe nascondere in sé il segreto della longevità. Nelle foglie dell’Angelica keiskei, pianta appartenente alla famiglia delle Apiaceae (Umbrelliferae), la stessa dell’Angelica archangelica, del finocchio o della carota, sarebbe infatti presente una molecola capace di rallentare l’invecchiamento attraverso la stimolazione di un processo noto come autofagia cellulare.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications, si deve ai ricercatori guidati da Frank Madeo, dell’università austriaca di Graz.
Angelica keiskei o Ashitaba: proprietà
In Giappone la radice, le foglie e i fusti di Angelica keiskei vengono impiegati per svariati scopi medicinali tra cui: combattere il bruciore di stomaco (malattia da reflusso gastroesofageo), contro le ulcere gastriche, per ridurre la pressione sanguigna ed il colesterolo alti , contro gotta, stipsi e febbre da fieno . L’ashitaba viene impiegata persino contro cancro, vaiolo, ritenzione di liquidi, coaguli di sangue e intossicazioni alimentari. Le donne lo usano per aumentare il flusso del latte materno.
Le foglie fresche o in polvere vengono consumate anche come alimento o sotto forma di infuso. Questa autentica panacea sta conquistando da alcuni anni anche il mercato occidentale e non è raro trovare in vendita i semi per coltivare questo “superfood” dall’alto contenuto in vitamine (E, B1, B2, C, K), Calcio, Magnesio, Ferro, fibra, calconi, flavonoidi, alfa e beta carotene, quercetina e catechina.
Diversi sono gli studi scientifici odierni, alcuni sperimentati anche sull’uomo, che dimostrano le straordinarie proprietà dell’Angelica keiskei tra cui quelle dimagranti, epatoprotettive, antitumorali, antidiabetiche, ipotensive, la capacità di migliorare la memoria, ridurre i danni del DNA, combattere l’influenza, ridurre l’infiammazione, aumentare i livelli di antiossidanti, ridurre la coagulazione del sangue e le proprietà antibatteriche, ipocolesterolemizzanti, antidepressive.
Il nuovo studio austriaco rivela l’incredibile capacità dell’Angelica keiskei di prolungare la giovinezza grazie ad un flavonoide presente nelle foglie.
Cos’è l’autofagia cellulare?
Parte del modo in cui l’organismo mantiene la salute a livello cellulare è attraverso il processo di “autofagia“. Ciò comporta l’eliminazione delle cellule vecchie o danneggiate per prevenire l’accumulo di detriti. Se l’autofagia non è efficiente, i detriti cellulari che si accumulano possono divenire dannosi, esponendo le cellule sane a stress e contribuendo allo sviluppo di una serie di malattie e condizioni, incluso il cancro.
Yoshinori Ohsumi fu il primo che parlò del processo di autofagia e riciclaggio cellulare, scoperta che gli valse il Nobel per la medicina del 2016. Ricerche precedenti avevano già dimostrato che ci sono alcuni modi per indurre o aumentare l’autofagia, quali il digiuno intermittente e l’esercizio fisico.
L’autofagia, spiega l’autore principale del nuovo studio austriaco, il professor Frank Madeo, “è un processo di pulizia e riciclaggio“ che elimina il “materiale superfluo, in particolare immondizia cellulare come proteine aggregate” che può essere impiegato per costituire nuove cellule.
Il 4,4′-dimetossicossone dell’ashitaba contrasta l’invecchiamento cellulare
Com’è noto, alcune sostanze naturali chiamate flavonoidi, presenti in molte piante comuni, possiedono un effetto antiossidante che protegge la salute cellulare. I ricercatori austriaci hanno immaginato che potesse esserci una connessione tra il processo cellulare di autofagia e l’azione dei flavonoidi.
Il prof Madeo e colleghi hanno pertanto analizzato 180 composti di questo tipo alla ricerca del più utile per “contrastare la morte delle cellule legate all’età“. Tra tutti i flavonoidi esaminati uno in particolare è emerso, il 4,4′-dimetossicossone flavonoide (DMC) presente nelle foglie dell’Angelica keiskei. Dapprima la sostanza è stata testata su cellule di lievito, dimostrando un’azione protettiva ancora più potente di un altro antiossidante noto, il resveratrolo, fenolo presente nella buccia dell’uva.
Ulteriori esperimenti sulle cellule della mosca della frutta e dei vermi hanno prodotto gli stessi risultati. “Sorprendentemente, il trattamento cronico con DMC […] ha prolungato la vita media di entrambi gli organismi modello di circa il 20%“, scrivono i ricercatori. Inoltre l’effetto del DMC è stato testato su cellule del cuore di topo, confermando che la sostanza aumentava ancora una volta l’autofagia. Il 4,4′-dimetossicossone sembrerebbe anche proteggere il fegato dai danni causati dall’etanolo (alcool puro).
Infine sono stati testati gli effetti del composto su diversi tipi di cellule umane, confermando lo stesso risultato positivo: “Gli esperimenti indicano che gli effetti del DMC potrebbero essere trasferiti agli esseri umani, anche se dobbiamo essere cauti e attendere veri test clinici“ conclude il Prof. Frank Madeo.
Il prossimo passo sarà dunque quello di condurre ulteriori ricerche per determinare se gli estratti di Angelica keiskei possano rappresentare un’utile strategia per prevenire il declino correlato all’età negli esseri umani.
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