Il trattamento del disturbo bipolare potrebbe essere influenzato anche da ciò che mangiamo. I dati di un nuovo studio clinico condotto dalla Deakin University, Australia, presentato alla Conferenza ECNP svoltasi a Barcellona, hanno dimostrato che il modo in cui le persone rispondono al trattamento per il disturbo bipolare possa dipendere anche dal loro peso corporeo e dalla qualità generale della loro dieta, con particolare riferimento ad un alto contenuto di alimenti pro-infiammatori.
Il disturbo bipolare, o malattia maniaco depressiva o psicosi maniaco depressiva, è caratterizzato da umore estremamente altalenante, con fasi depressive che si alternano a fasi maniacali (disturbo bipolare di tipo I, umore estremamente alto, euforico, con comportamenti disinibiti ed eccessivi) o ipomaniacali (disturbo bipolare di tipo II, umore insolitamente alto, ma meno evidente, non legato ad una ragione precisa di felicità, percepito dagli altri in ogni caso come “strano” e capace comunque di minare i rapporti).
Data la complessità e le sfumature che caratterizzano il disturbo bipolare è piuttosto difficile trovare un trattamento realmente efficace. Gli attuali farmaci sono più idonei nel gestire i sintomi della fase maniacale, mentre la fase depressiva resta di difficile trattamento. Da qui la necessità di trovare soluzioni alternative, di supporto ai trattamenti farmacologici.
Disturbo bipolare, dieta e peso corporeo: lo studio
Per lo studio in questione sono stati coinvolti un totale di 133 persone con disturbo bipolare. A queste, sono stati assegnati in modo casuale, l’assunzione di una combinazione di nutraceutici (composti derivati da alimenti come vitamine o minerali che trattano o prevengono una malattia o un disordine) tra cui l’amminoacido antinfiammatorio n-acetilcisteina (NAC), o un placebo, per 16 settimane. I volontari hanno assunto il nutraceutico (o il placebo) a fianco al consueto trattamento farmacologico cui erano abituati. I ricercatori hanno preliminarmente misurato l’IMC (Indice di massa corporea), valutato i livelli di depressione e il modo in cui una persona si rapportasse nella vita di tutti i giorni.
È stato chiesto ai partecipanti di compilare un questionario sulle loro abitudini alimentari, alle quali i ricercatori hanno attribuito un punteggio in base alla qualità della dieta, dove per dieta sana si intendeva una dieta ricca di frutta e verdura, mentre per dieta malsana una ricca di grassi saturi, carboidrati raffinati ed alcol. Questi tipi di diete sono state quindi classificate come anti-infiammatoria (dieta sana) o pro-infiammatoria (dieta malsana). Infine è stato valutato se e quanto il paziente fosse migliorato nelle 20 settimane successive al trattamento con il nutraceutico.
Dieta anti-infiammatoria e IMC basso: un aiuto per contrastare la fase depressiva del disturbo bipolare
L’autrice principale dello studio, la dott.ssa Melanie Ashton spiega in un’intervista che appare su Science Daily: “Abbiamo scoperto che le persone che seguivano una dieta di qualità migliore, una dieta con proprietà anti-infiammatorie o con un IMC basso, hanno dimostrato una risposta migliore al trattamento nutraceutico aggiuntivo rispetto a coloro che hanno descritto una dieta di bassa qualità, o una dieta che includeva alimenti che promuovono l’infiammazione o che erano in sovrappeso”. Obiettivo principale dello studio in questione, sebbene randomizzato e particolarmente rigoroso, non era quello di scoprire l’influenza di dieta e indice di massa corporea sul trattamento con il nutraceutico testato. I dati statisticamente significativi hanno dunque sorpreso ed entusiasmato gli stessi scienziati: “Se saremo in grado di confermare questi risultati, questa sarà una buona notizia per le persone con disturbo bipolare, in quanto vi è un grande bisogno di trattamenti migliori per la fase depressiva del disturbo bipolare“, ha concluso la dott.ssa Ashton.
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